venerdì 11 ottobre 2013

Alla scoperta dell’Ager Falernus con Villa Matilde al ristorante La Ninfea






“Qui si beve per 1 asse; se ne paghi 2, berrai un vino migliore; con 4, avrai vino Falerno” (CIL IV 1679), così scriveva Edone in una pregnante scritta ritrovata a Pompei a testimonianza del costo elevatissimo di questo cru dell’antichità ma anche dell’elevatissima qualità e fama, anche altri scrittori latini ne hanno celebrato le lodi prima fra tutti Catullo.
Ripercorriamo la strada fatta dal Falerno nel corso dei secoli al ristorante ‘A Ninfea nella splendida e incantevole location del Lago di Lucrino con Villa Matilde una delle storiche e prime cantine che hanno ridato vita e fama al più famoso vino dell’antichità. Locale suggestivo, affacciato sul lago di Lucrino, come un faro che illumina il mare di notte, A’ Ninfea veglia e protegge il lago e con le sue luci illumina un vasto specchio d’acqua sottraendolo alle tenebre, all’entrata vasche di pesci e crostacei di ogni tipo freschissimi e di ottima qualità, su tutti regna una ricciola che con i suoi 20 chili di peso sembra voler impartire degli ordini: dopotutto è lei la regina del Mare Mediterraneo!


L’evento organizzato da Giulia Cannada Bartoli per martedì 16 Luglio 2013 è stato studiato a  tavolino come un percorso di sensi che accompagnasse tutti gli avventori alla scoperta dell’ Ager Falernus e che sapesse abbinare alla perfezione, questo bisogna dirlo, ogni pietanza al suo vino, la cosa più interessante del menù è stata la sequenza con cui si sono avvicendate pietanze totalmente prive di ingredienti post-colombiani, assenza totale di pomodoro e cioccolato hanno reso il menù ancora più accattivante e ricco di significato, per una sera posso dire di aver mangiato e di aver bevuto come un antico romano!
Una brochure dell’evento spiega dettagliatamente le tappe della serata. Maria Ida Avallone, delegata regionale delle Donne del Vino e degna esponente di una delle famiglie storiche del Falerno ha illustrato a tutti i famelici avventori presenti le origini del Falerno. Maria Ida ha speso anche qualche parola sulla sua cantina Villa Matilde, frutto della smisurato amore del padre Francesco per quella terra vulcanica, lui per anni famoso avvocato e professore universitario è poi diventato attraverso i suoi studi ampelografici vignaiolo e produttore per passione, primo fra tutti a riutilizzare le “falanghe”  pali per appoggiare i ceppi di vite, da cui poi deriva l’etimologia della falanghina, vitigno principe del Falerno del Massico Bianco Doc, e forse primo nella sua zona a mettere in pratica il concetto di vigna razionale, mettendo fine allo stato di abbandono e degrado delle vigne nel  periodo post bellico a ridosso degli anni ’60 del secolo scorso. Un piccolo brunch e un calice di spumante di Asprinio D’Aversa di Grotte del sole segue la sua chiara spiegazione per poi passare subito alla cena vera e propria.



Come una sequenza musicale si susseguono “olive conciate alla cumana” e “fritto di  neonata”, a Napoli famosi col nome di Cicinielli, adagiati su un nido di spaghetti fritti, abbinati a un “Terre Cerase 2012” aglianico in purezza rosato della tenuta Rocca dei Leoni, un’ azienda inaugurata da Villa Matilde nel 2000 nel cuore del Sannio, profumi fini ed eleganti e un gusto morbido tengono a bada molto bene la frittura. “Sautè di cozze alla cumana” e “alici marinate delle colonie di Cuma”, marinate a regola d’arte col solo uso di limone che non lascia l’odore a volte sgradevole dell’aceto usato generalmente per le marinature, in abbinamento al “Falerno Del Massico Bianco Doc 2011”, una Falanghina in purezza prodotta a San Castrese –Sessa Aurunca, vinificata solo in acciaio, colpisce più per la sapidità in bocca che per l’acidità, profumi floreali e fruttati molto fini rendono ancora più elegante questo vino.
Una breve pausa e poi il primo: “linguine alle telline alla maniera dei romani” che sta ad indicare proprio l’assenza di pomodoro come condimento ed esaltatore di colore per il piatto, la pasta infatti  è totalmente in bianco e il sapore delle telline è esaltato ancora di più, piccole ma molto saporite ben si abbinano a un bianco più complesso del precedente un “Vigna Caracci 2008” Falerno del Massico Bianco Doc , si parla sempre di Falanghina in purezza, ma questa volta cambia la posizione dei vitigni che hanno degli impianti più datati e la vinificazione che è fatta per metà in acciaio e metà in barriques di Allier di media tostatura per circa venti giorni per esaltarne le doti di morbidezza, al naso infatti si distinguono profumi di frutta più matura e in bocca la spiccata morbidezza rende questa falanghina quasi anomala, Maria Ida Avallone ci confida che questo vino ha un potenziale di invecchiamneto di 15 anni a partire dalla messa in commercio se mantenuto in buono stato di conservazione.
La cena è giunta quasi al termine, ma manca ancora la  ricciola infornata alla greca al profumo di limone”, alla greca perché cotta al forno in una foglia di verza, quasi come si fa con i dolmàtes grechi nella foglia di vite, la regina-ricciola dell’ingresso del ristorante è stata deposta e offerta ai commensali ma rimarrà sempre in mente il suo ricordo e la sua foto, il piatto visivamente si presenta semplice e conciso ma all’assaggio nasconde una leggera cottura prolungata che ha fatto seccare un po’ troppo la carne, in abbinamento anche se non proprio ortodosso c’è un “Falerno del Massico Rosso Doc 2009”, blend di aglianico all’80% e piedirosso al 20%, prodotto da impianti datati e vinificato con macerazione prolungata delle bucce nel mosto fino a 25 giorni, continui rimontaggi, al termine della fermentazione alcolica fa anche la malolattica, affina in parte in barriques di Allier e in parte in botti grandi di rovere di Slavonia prima di essere messo in commercio.Un vino sorprendente tanto da ricordare lontanamente un Amarone della Valpolicella ricco di colore(rubino intenso e quasi impenetrabile), naso complesso ricco di profumi terrosi, frutti rossi, liquirizia e il suo gusto pieno, corposo, abbastanza tannico, abbinamento estremo ma vino di notevole pregio.
Per finire “torta di ricotta e frutta secca alla maniera dei romani” che non avevano di certo il cioccolato per fare i dolci e si servivano della frutta secca per addolcire le loro creazioni, dolce abbinato con “Eleusi” un passito di Falanghina, prodotto con la tecnica del taglio del tralcio a frutto per interrompere lo stato vegetativo della pianta e permettere una maggiore concentrazione degli zuccheri negli acini, viene poi fatto appassire ancora nel fruttaio e vinificato a dicembre, segue affinamento in barriques, amabile e non dolce si sposa bene con la torta che invece lo è un po’ di più, ma non convince la scelta a dir poco azzardata di ottenere un passito da uve Falanghina che hanno un basso estratto secco per cui appassendo i grappoli rimane ben poco di uva e per produrre una bottiglia di passito ci vogliono ben oltre 10 chili di frutto con una resa molto bassa.
Serata suggestiva finita un po’ tardi ma davvero didattica, un ringraziamneto speciale a Giulia Cannada Bartoli che mi ha permesso di essere lì.                                       
                                                                                                              Luca Bellettini

mercoledì 11 settembre 2013

Il Maso delle Erbe a Montevila: un luogo a metà tra fiaba e mito!




Il Maso delle erbe lo ricordavo come un vecchio maso di montagna arroccato sulla piccola frazione di Montevila, nel comune di Perca proprio alle pendici della più famosa stazione sciistica del Plan de Corones, ora si è trasformato in una moderna baita, costruita interamente di tronchi di abete dei boschi circostanti e gode di un panorama fantastico sulle Alpi.



La storia del maso ha inizio agli albori del secolo scorso quando venne acquistato dalla famiglia Huber.
È dal 1996 che la famiglia Huber coltiva con grande impegno piú di 50 tipi di erbe officinali alpine. Dopo un’accurata selezione queste erbe vengono sottoposte ad una lavorazione ottenendo in tal modo: oli essenziali, cosmetici alle erbe e grappe e liquori alle erbe. La posizione del maso, lontana da traffico e rumori molesti e la coltivazione delle erbe è basata su severi controlli e criteri esclusivamente biologici che garantiscono naturalezza e qualitá dei prodotti.
Dal 2010 il maso d’erbe aromatiche e medicinali si è trasformato in una casa-tronco. I suoi possenti tronchi di legno d’abete rosso creano un’atmosfera magica ed accogliente.

 


Nelle stanze interne del maso è stato creato un paesaggio fiabesco con streghe e spiriti selvatici. In questo posto i bambini possono incontrare streghe, nani e folletti ed altre figure fiabesche.


 




Al piano superiore un`esposizione archeologica, con un alto numero di resti provenienti direttamente dal maso, poichè qui nel 2006 d'accordo con l'Ufficio dei beni culturali della provincia di Bolzano sono stati rinvenuti una grande quantità di resti archeologici che fanno presupporre l'esistenza di un insediamento preistorico proprio dove adesso crescono le erbe

 




All’esterno ci sono l’orto con i suoi circa 50 tipi diversi di piante aromatiche e medicinali coltivati su circa 5000 mq di superficie che vengono impiegate nella produzione di tisane, oli essenziali, creme e liquori.







 

Nella primavera del 2003 è stato realizzato il cosiddetto “percorso erboristico educativo”. Si tratta di un sentiero lungo 700 m. che costeggia in parte prati, campi e il margine del bosco. Una parte del percorso erboristico è costituita da un vecchio sentiero che nei tempi remoti era utilizzato soprattutto dal bestiame da pascolo. Alcuni gufi scolpiti nel legno indicano con le loro ali il tragitto al visitatore. In definitiva si tratta di un percorso meditativo che ha lo scopo di avvicinare l’uomo alla natura incontaminata. Dal 2014 è possibile anche la visita della pietra dei solstizi.







Sempre presente un banco d'assaggio della vastissima produzione di liquori, distillati di vinacce aromatizzati e aqueviti di frutta alcuni esempi sono l'acquavite di pera e di lampone, la grappa al cirmolo, al pino mugo, al miele, il liquore ai mirtilli neri.




Degna di menzione e di particolare elogio è la Enziaschnaps ovvero la Grappa di Genziana, acquavite di vinaccia aromatizzata con infusione di vera Genziana alpina dei prati circostanti, appositamente coltivata perchè è una pianta protetta.

 


Un posto fiabesco intriso di mito e di alchemia in una cornice meravigliosa baciata dal sole di alta quota, un luogo sospeso nello spazio e nel tempo dove potersi rilassare coccolati dal dolce profumi del fieno e delle erbe di montagna, un grande in bocca al lupo alla famiglia Huber e al suo team per quello che ha fatto finora e per quello che farà in futuro.









Maso delle erbe
di Huber Josef
Montevila 20
I-39030 Perca (BZ)
Tel. 0474 401092





L'assaggio dei Formaggi, terza lezione: la valutazione gustativa.




Siamo arrivati alla terza parte della valutazione di un formaggio: la valutazione del sapore e dell'aroma.
In bocca vengono percepiti contemporaneamente i sapori rilevati dalla lingua, gli aromi percepiti per via retronasale.
L'assaggio del formaggio si effettua addentando una piccola porzione (5-8 grammi) di formaggio e la si mastica lentamente, immettendo aria dalla boccae facendola uscire dal naso, individuando le sensazioni che si sviluppano, molto importante è partire dal cuore della pasta per poi arrivare fino alla crosta, se essa è edibile.
Una volta deglutito ed esaminato la persistenza del gusto, si può ripetere la prova per evidenziare le sensazioni percepite durante il primo esame.
I quattro sapori fondamentali sono dolce, salato, acido e amaro, durante la masticazione gli aromi che si sprigionano in bocca coinvolgono la percezione "retronasale" e comporta l'impiego dei descrittori di tipo olfattivo.
La struttura durante l'esame gustativo è rilevata dalle papille tattili della bocca., essa è anche trasformata e modificata dalla masticazione e dalla saliva, perciò la valutazione va fatta nelle prime fasi della masticazione.
La persistenza e il retrogusto sono sensazioni che si percepiscono dopo la deglutizione del formaggio, la primaè la permanenza in bocca delle percezioni gustative e si misura in minuti secondi, mentre la seconda indica la presenza di una percezione gustativa che rimane al termine dell'assaggio, la differenza tra le due: la prima è di natura quantitativa, l'altra qualitativa.






 Un pò di terminologia per l'assaggio

Esame gustativo

Sapori 
  • Dolce
  • Acido
  • Salato
  • Amaro
Intensità: bassa, medio bassa, media, medio elevata, elevata.

Sesazioni trigeminali 
  • Astringente
  • Piccante
  • Pungente
  • Rinfrescante
  • Bruciante
  • Metallico  
 Intensità: bassa, medio bassa, media, medio elevata, elevata.
  
Struttura 
  • Dura.
  • Friabile
  • Adesiva
  • Solubile
  • Granulosa
  • Umida
  • Grumosa
  • Con cristalli
  • Elastica, rigida, deformabile, gommosa e untuosa.
Sensazioni finali 

  • Retrogusto 
  • Persistenza: Deole, media, elevata
Vi sono poi alcuni descrittori usati molto a livello internazionale essi sono l' Umami (termine che sta a significare gradevole e indica la presenza di glutammato monosodico), Flvour (somma delle sensazioni olfattive e gustative percepite durante l'assaggio), Texture.


Gli appunti sono stati rielaborati da "L'assaggio dei Formaggi - Corso per assaggiatori" di Armando Gambera.